CCNL Funzioni Centrali: firmato il rinnovo del contratto

Le sigle sindacali Fp-Cgil, Uil Pa e Usb Pi confermano il giudizio negativo e non firmano il contratto 

Nei giorni scorsi le Parti sociali hanno apposto la firma definitiva al contratto del comparto Funzioni Centrali 2022-2024 che interessa circa 195 mila dipendenti di ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici.
Tra le novità, è previsto un incremento salariale di 165,00 euro medi mensili per 13 mensilità, corrispondente al 6% dello stipendio. Tale aumento, consentirà il riconoscimento di circa mille euro di arretrati medi fino a dicembre 2024. 
Inoltre, tale accordo prevede:
– l’istituzione in via sperimentale della settimana corta, offrendo la possibilità di concentrate le 36 ore settimanali in 4 giorni;
– potenziamento del lavoro agile attraverso una regolamentazione uniforme per buoni pasto e maggiore flessibilità nella scelta delle giornate da svolgere in questa modalità;
– modifiche alle posizioni organizzative con l’introduzione del diritto all’incarico per i funzionari con più di 8 anni di servizio, e norme specifiche sull’age management al fine di valorizzare l’esperienza dei senior mediante il mentoring verso i più giovani e attivare il reverse mentoring dei giovani verso i senior;
introduzione di 2 ore aggiuntive di permesso ai dipendenti over 60 per visite, terapie ed esami diagnostici. 
A fronte di queste novità, le OO.SS. Fp-Cgil, Uil Pa e Usb Pi hanno deciso di non procedere alla firma ritenendo che il contratto non vada a recuperare con gli aumenti stipendiali il maggiore peso dell’inflazione registrato nel triennio di rifermento.
Difatti, a parere delle stesse, l’inflazione complessiva registrata per gli anni 2022, 2023 e 2024, è pari al 15,4% e le risorse del contratto sono il 5,78%. Pertanto, nonostante producano adeguamenti sul tabellare di poco più alti, non recuperano neanche l’inflazione.
Inoltre, sottolineano anche che i dipendenti, con l’entrata in vigore del nuovo contratto, avranno una perdita definitiva del valore del proprio stipendio dal 2021 (anno di scadenza del contratto precedente) ad oggi pari a 146,51 euro al mese per un funzionario, 120,65 euro al mese per un assistente e 114,62 euro al mese per un operatore.
In più, gli aumenti dichiarati nel contratto, per effetto dell’indennità di vacanza contrattuale e degli anticipi già pagati dal governo, nei prossimi cedolini si tradurranno in aumenti mensili reali da un minimo di 47,22 euro per un funzionario ex Area III F7 ad un massimo di 80,33 euro di un funzionario ex Area III F1. 
Sul versante normativo, le sigle uscenti ritengono che la previsione della settimana corta non sia a vantaggio dei lavoratori e delle lavoratrici, in quanto questi non godranno di una riduzione dell’orario di lavoro settimanale ma bensì una compressione dello stesso in 9 ore al giorno, divenendo una settimana alquanto densa a discapito del lavoro di cura. 

CCNL Rai: siglato l’accordo sul lavoro agile

Per la conciliazione vita/lavoro, avviate le procedure per la sperimentazione del lavoro agile dal 1° maggio 2025

Le OO.SS. Fistel-Cisl, Uilcom-Uil, Fnc-Ugl Comunicazioni, Snater, Confsal-Libersind insieme alla Rai, assistita da Unindustria, hanno sottoscritto, in data 23 gennaio 2025 un verbale di accordo sul lavoro agile, al fine di favorire la conciliazione vita/lavoro per i profili professionali dell’area produttiva. La fase sperimentale, della durata di un anno, partirà dal 1° maggio 2025. L’adesione è volontaria e avverrà tramite la sottoscrizione di un accordo individuale che contiene e recepisce integralmente le disposizioni dell’accordo, in linea con quanto indicato dall’art. 19, L. 81 del 22 maggio 2017. Tra le altre cose, viene precisato che per le giornate di lavoro da remoto, l’azienda continuerà a corrispondere alle lavoratrici ed ai lavoratori il contributo mensa. Per i profili esclusi dal lavoro agile, vengono avviate procedure di flessibilità oraria, della durata di 12 mesi, a partire dal 1° maggio 2025. Avendo già sperimentato il lavoro agile, per le aree amministrativa ed editoriale, dal 1° marzo 2025, viene prolungato. 

Licenziamento collettivo: applicabilità e soglie dimensionali

Fornite indicazioni sulla contestuale chiusura di unità produttive superiori e inferiori ai 50 dipendenti (Ministero del lavoro e delle politiche sociali, interpello 27 gennaio 2025, n. 1).

Con la risposta all’interpello in commento, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha fornito indicazioni in merito all’ipotesi di un datore di lavoro che — avendo occupato, nell’anno precedente, più di 250 dipendenti — decida di procedere contestualmente alla chiusura di 2 distinte unità produttive, di cui una con oltre 50 dipendenti e l’altra con un numero inferiore a 50 dipendenti.
In particolare, nel quesito viene richiesto se in tale caso sia necessario osservare la procedura di cui alla Legge n. 234/2021 (articolo 1, commi da 224 a 237-bis) anche in riferimento all’unità produttiva che occupa meno di 50 dipendenti oppure se per quest’ultima sia possibile avviare direttamente la procedura di licenziamento collettivo ex lege n. 223/1991.
Al riguardo, il Dicastero evidenzia che la disciplina, ai sensi del comma 224 del medesimo articolo 1, si applica al datore di lavoro in possesso dei requisiti dimensionali citati che intenda procedere alla chiusura di una sede, di uno stabilimento, di una filiale, o di un ufficio o reparto autonomo situato nel territorio nazionale, con cessazione definitiva della relativa attività e con licenziamento di un numero di lavoratori non inferiore a 50 e precisamente ai datori di lavoro che, nell’anno precedente, abbiano occupato con contratto di lavoro subordinato, inclusi gli apprendisti e i dirigenti, mediamente almeno 250 dipendenti. Sussistendo i requisiti per l’applicazione di quest’ultima disciplina, risulta pertanto irrilevante lo scrutinio di eventuali alternative ulteriori laddove, ad esempio, come nella fattispecie ipotizzata con il quesito posto con l’interpello in oggetto, si intenda procedere ad altre chiusure di sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo dalle quali consegua il licenziamento di un numero di dipendenti inferiore a 50.
Infatti, i principi generali di tutela da applicare nei casi di licenziamenti giustificati da addotte ragioni economiche — rinvenibili nella Legge n. 223/1991 e volti ad assicurare parità di trattamento ai lavoratori dipendenti da un medesimo datore — non possono non continuare a costituire un punto di riferimento essenziale per la corretta interpretazione anche della Legge n. 234/2021 e delle sue finalità dichiarate, disciplinando quest’ultima un’ipotesi di licenziamento collettivo di particolare gravità per le sue ricadute sul tessuto occupazionale e produttivo, a livello nazionale.
Alla luce di tali elementi, il Ministero ritiene che nel caso in cui un datore di lavoro decida di procedere alla chiusura di più distinte unità, così come definite dalla citata Legge n. 234/2021, lo stesso sarà comunque tenuto ad attivare la procedura dettata da tale norma, laddove anche in una sola di esse si determini un esubero di almeno 50 unità di personale, dovendosi ritenere in tali casi impraticabili percorsi alternativi per pervenire alla risoluzione dei rapporti di lavoro.

CCNL Legno e Arredamento Industria: definito l’incremento dei minimi

Stabilito l’aumento a decorrere dal 1° gennaio 2025

Il 27 gennaio è stato siglato da Federlegno e Feneal-Uil, Filca-Cisl, Fillea-Cgil il verbale di accordo sull’adeguamento dei minimi per l’anno 2025, in applicazione di quanto previsto dal CCNL legno, sughero, mobile, arredamento e boschivi e forestali sottoscritto in data 20 giugno 2023.
L’accordo prevede l’incremento dei minimi a decorrere dal 1° gennaio 2025, con la retribuzione afferente al mese di febbraio 2025.

Categoria MInimi 2024 Minimi dal 1° gennaio 2025
AD3 3.044,54 3.078,52
AD2 2.987,11 3.020,46
AD1 2.866,83 2.898,82
AC5 2.747,55 2.778,20
AC4 2.568,73 2.597,38
AC3/AC2/AS4 2.389,76 2.416,40
AS3 2.300,87 2.326,52
AC1/AS2 2.209,52 2.234,14
AE4/AS1 2.138,22 2.162,04
AE3 2.048,97 2.071,80
AE2 1.959,16 1.980,99
AE1 1.733,85 1.753,18

Credito d’imposta Zes Unica settore agricolo, forestale, pesca e acquacoltura

Determinata la percentuale del credito d’imposta effettivamente fruibile, di cui all’articolo 16-bis del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124 (Agenzia delle entrate, provvedimento 27 gennaio 2025, n. 20152).

L’articolo 16-bis del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, ha riconosciuto un contributo sotto forma di credito d’imposta per le imprese attive nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli e nel settore forestale e per le microimprese, piccole e medie imprese attive nel settore della pesca e acquacoltura, che effettuano investimenti dal 16 maggio 2024 al 15 novembre 2024 relativi all’acquisizione di beni strumentali destinati a strutture produttive ubicate nella ZES unica.

 

Il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 18 novembre 2024 ha definisce le modalità di trasmissione della comunicazione necessaria per accedere al credito d’imposta.

 

Il comma 4 dell’articolo 4 del decreto del Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze, del 18 settembre 2024 ha previsto che, ai fini del rispetto del limite di spesa, l’ammontare massimo del credito d’imposta fruibile sia pari al credito d’imposta richiesto moltiplicato per la percentuale resa nota con provvedimento dall’Agenzia. Detta percentuale è ottenuta rapportando il limite di spesa all’ammontare complessivo dei crediti d’imposta risultanti dalle comunicazioni validamente presentate.

 

L’ammontare complessivo dei crediti d’imposta richiesti in base alle comunicazioni validamente presentate dal 20 novembre 2024 al 17 gennaio 2025, è risultato pari a 58.076.860 euro, a fronte di 40 milioni di euro di risorse disponibili a cui vanno sommate le risorse aggiuntive previste dall’articolo 1, comma 8, terzo periodo, del decreto-legge n. 63/2024, che costituiscono il limite di spesa.

 

Di conseguenza, la percentuale del credito d’imposta effettivamente fruibile da ciascun beneficiario è pari al 100% dell’importo del credito richiesto.